martedì 2 dicembre 2008

Sopra la scala di ferro lungo la parete


Quello che devi fare, vedi di farlo in fretta. Se ti ho portato in questo vicolo non è per perdere tempo, non è per contemplare questi mattoni rossi che salgono fino al settimo piano o per guardare la scala esterna in ferro lungo la parete. Quello che mi devi dare, vedi di darmelo in fretta. Se ho chiamato te non è per ammirare i tuoi meravigliosi pantaloni bianchi o la tua splendida giacca in pelle o la tua costosissima decappottabile a due posti in rosso fuoco, né per tenermi puntati in faccia questi fari accesi. I soldi che devi prenderti, vedi di prenderli in fretta. Non ho venduto mica per sport un rene al mercato illegale degli organi usati, non è mica per scherzo che ho raccattato da casa fino all’ultimo spicciolo, non è mica per passatempo che ho mandato a puttane il rapporto con Kate per tutte le volte che mi sono alzato dal suo letto frugando nelle sue tasche della sua borsa per piazzare le sue pillole verdi e viola ricavandone qualcosa di buono. Quello che dobbiamo risolvere questa sera, questo nostro scambio commerciale assolutamente non più rinviabile, cerchiamo di risolverlo in fretta. Questa è la mia unica possibilità per mandarvi tutti all’inferno e raggiungere il livello IM-2, per mettermi nella lista al numero duecentocinquantaquattromiladuecentoventicinque, per salire su questo schifo di autobus che mi porta sulla collina e non scende più nei vicoli bassi. Ho raccattato settecentomila dollari per passare di livello, ho resettato la mia vita precedente e sono diventato un barbone nullatenente, ho perso casa, amici, donne, conto in banca, lavoro, rispettabilità. Sono finito in questa stradina laterale senza illuminazione praticamente nudo e senza più niente alle spalle. Ho tagliato tutti i ponti dietro di me, ho fatto terra bruciata nella mia corsa. Ora, però, anche se mi sono ridotto in queste condizioni, anche se dovessi sembrarvi l’ultimo dei pezzenti del pianeta, senza un dollaro e senza un posto dove andare la sera, sono infinitamente più in alto di voi e voi non potete raggiungermi. Il biglietto che sto comprando in questo vicolo è un biglietto di sola andata. Ho smesso di appartenervi, ho smesso di esservi legato dal vecchio comune destino. Io non sono più come voi, non appartengo alla vostra stessa classe umana N. Ora, per i prossimi secoli, potrò rifarmi economicamente di quanto ho speso, potrò risalire per mille anni nella scala sociale, potrò tornare a galla con la massima calma perché ho un’eternità davanti a me. Me ne sto tornando al ricovero della classe umana N-P per l’ultima volta. Il tempo di scartare questa scatoletta e di far funzionare il Kit IM-2 e ce l’avrò fatta. Sono salito al piano di sopra. Sono diventato immortale.

[Breaking news. Ultim’ora. Ancora scontri su Corso Heaven tra polizia e manifestanti. La folla, in possesso di armi rudimentali, vecchie pistole P-38 personalizzate risalenti al secolo XX della precedente era cristiana, ha tentato ripetutamente di assaltare il Palazzo di Medicina Sperimentale. I manifestanti reclamavano una diminuzione del prezzo di vendita del Kit Im-1, attualmente salito a trecentomila dollari, in base alle recenti disposizioni governative. La polizia B ha respinto l’assalto internando nei campi municipali circa duecento persone. Il resto è stato disperso. Non si contano vittime. Il dipartimento municipale di Polizia smentisce categoricamente le voci infondate circa la presenza di vittime o feriti gravi. Seguiranno aggiornamenti a breve]

Lo schermo tridimensionale apparso sulla parete della sala da pranzo del ricovero per poveri di classe umana N si spense all’improvviso come si era acceso. L’ultima notizia non aveva fatto altro che distrarre per mezzo minuto scarso il gruppo di vecchietti N dalla loro misera cena, sorvegliata dalle guardie sociali della quarta municipalità metropolitana. Era dura guardarsi invecchiare ogni giorno, per di più in questo misero ricovero per anziani, quando intorno alla città si consumava una guerra senza confini tra la minoranza di privilegiati di classe superiore, che, per mezzi economici o agganci politici, poteva usufruire delle ultime scoperte tecnologiche, e la massa di comuni mortali e lavoratori salariati. Il governo, per calmare un po’ le acque, aveva messo a disposizione di un bel po’ di elettori N qualche centinaio di Kit Y. Con il Kit Y riuscivi a sceglierti un’età biologica in regresso fino ai dieci anni, dopodiché, però, il processo di invecchiamento ricominciava daccapo. Diversamente, una ristretta fascia di popolazione aveva accesso ad un altro Kit, chiamato IM-1, con cui potevi stabilire la tua età biologica e fissarla a piacimento per centocinquanta, duecento anni. Con l’ultimo arrivato, il Kit IM-2, sembrava che si potesse rimanere per sempre su questo pianeta, morti violente o rarissime malattie a parte. Queste scoperte scientifiche, assieme al mercato di sostituzione di organi ed a quello di ripristino di cellule malate, aveva trascinato in alto una ridotta quota di popolazione, quella, appunto, più ricca e benestante. In basso era esploso il caos, con il costo della vita salito alle stelle, con stipendi medi di quindici dollari al mese. Sui Kit anti-invecchiamento si era scatenata una vera e propria guerra, alla ricerca diretta degli stessi oppure a quella, altrettanto disperata, dei mezzi economici per averli. Richiamati dal miraggio di lunga vita o di immortalità, gruppi di ex militari o politici si erano armati con le vecchie armi dei secoli passati lasciate nei magazzini ed avevano tentato a più riprese di assaltare le banche o i centri medici. Per questo, nelle principali metropoli della Confederazione, i Centri di Detenzione Municipale, un tempo sorti per i migranti, erano stati allargati e vi erano entrati tutti questi nuovi ospiti, fino a quando gli stenti patiti nei centri non gli avrebbero fatto cambiare idea.

Ventisette anni. Ventisette anni per i prossimi secoli, per tutta l’eternità se qualcuno non mi accoppa e se il pianeta non crepa o sprofonda o sparisce all’improvviso. A ventisette anni mi sentivo meno idiota o ingenuo e non ancora strafatto o rincoglionito. A ventisette anni cominciai a sperimentare le nuove droghe sintetiche con il loro effetto di sovrapposizione spazio-temporale. A ventisette anni mi sono trovato un lavoro nella quarta metropoli e ho cominciato a mettere i dollari in banca. A ventisette anni ho conosciuto Kate. Il display sul Kit IM-2 si è fermato con i suoi numeretti rossi, la pallina della roulette si è fermata sul numero ventisette. Mi guardo nello specchio della finestra e fuori c’è oscurità e nelle strade casini e violenze. Dentro il ricovero questi vecchietti N si devono il loro brodino riscaldato. Io premo il tasto verde play del dispositivo e chiudo gli occhi. Tra due minuti avrò ventisette anni per sempre.

[Signori e signore, ospiti del Centro di Detenzione Municipale, vi parla il Presidente della Confederazione dei liberi municipi d’America. Siete stati condotti in questa struttura a causa delle gravi intemperanze e dei gravissimi episodi di violenza da voi commessi davanti al Centro di Medicina Sperimentale. Verrete trattenuti nel Centro fino alla vostra completa identificazione e scannerizzazione del vostro database biologico. Successivamente, dopo i colloqui singoli con il corpo di azione psicologica delle guardie sociali metropolitane, verrete divisi e condotti nelle vostre abitazioni. Naturalmente, chi di voi si opporrà alla scannerizzazione gratuita fornita dal Centro, verrà ritenuto colpevole del reato di insubordinazione aggravata alle leggi della Confederazione, e pertanto sarà trasferito dalla Polizia C nella prima struttura di detenzione disponibile. Vi assicuro, pertanto, signori e signore, che se non ostacolerete il Programma di reinserimento fornitovi gratuitamente dal centro, successivamente al processo di scannerizzazione potrete ritornare alla vostra vita abituale. Vi auguro buona permanenza ed una buona serata]

Che cosa ci fa un ragazzo di ventisette anni come il sottoscritto in questo ricovero per anziani, con gente vecchia di cento cinquanta anni, che cosa mi ha portato in questo posto oppure come ne sto uscendo e perché e da dove vengo? Tutte queste domande mi si affollano per la mente sgombra come un pc appena formattato e mi precipito su queste scale uscendo di corsa, con in testa solamente un numero apparso su di un display, il numero ventisette. Intanto mi godo questa aria fresca e piena di elettricità, questo cielo notturno che nessun tentativo maldestro di immettere ozono artificiale nell’atmosfera potrà mai levarci. So solo che sto respirando a pieni polmoni questa meravigliosa aria e ricordo a sprazzi parole, suoni, volti di una vita che potrebbe essere la mia o quella di un altro o di mille persone contemporaneamente. Quello che devo fare, devo farlo in fretta, unico riferimento tra questi palazzi altissimi in mattoni marroni e scale di ferro sulle pareti un numero rosso sul display ed un nome, Kate.

Lo schermo tridimensionale apparso lungo tutta la parete a fianco della recinzione elettrica del centro di detenzione municipale si spense così come si era acceso. Il Presidente della Confederazione si era disturbato di chiarirti la situazione nei minimi dettagli, cioè che avevi commesso un crimine, che eri stato deportato in un limbo e che avevi una scelta da fare, venire scannerizzato e resettato e riprogammato come un bravo cittadino americano oppure diventare un classe T e finire in una lurida cella insieme ad un fanatico dell’Islam tra una tortura e l’altra. Sicuramente questa volta il Presidente si è degnato di farci un discorso concreto e significativo per le nostre vite, questa volta non è comparso in una stanza o sulla parete di un palazzo o in uno stadio per reclamizzare quelle sue merdone saponette che produce e grazie alle quali è salito al potere. No, questa volta parlava di me, che sto scrivendo il mio nome, quando sono nata, dove ho vissuto, le cose che mi piacciono nella vita, dove ho lavorato e chi ho amato, tutto scritto con una piccolissima calligrafia su di un minuscolo bigliettino che sto infilando nella gomma delle scarpe, come fanno tutti prima della scannerizzazione. Il piano è fare in modo che nessuno degli scannerizzatori o dei programmatori o delle guardie sociali o della Polizia A, B o C lo possa trovare. Il piano è fare in modo che guardando intensamente, ora, queste scarpe, fissandole come l’ultimo appiglio che ho per non perdere me stessa, dopo, quando sarò un numero con un codice a barre sulla nuca, io possa ricordare e trovare chi sono. Trovare il mio nome, Kate.

Il fumo tra i detriti e l’acqua dagli idranti rotti si alzavano nella nebbia mentre i poliziotti si aggiravano tra le macerie del Centro di Medicina Sperimentale. Corso Heaven era stato un campo di battaglia per tutta la giornata ed ora guardie stradali e pompieri si alternavano nella frettolosa ricostruzione di vetrine infrante e segnali stradali divelti. Le guardie stradali erano uno dei più antichi e gloriosi corpi di polizia municipale. Risalivano infatti ai primi anni della Tolleranza Zero, cioè da quando tutta la nuova storia era iniziata, ormai secoli fa, e la sicurezza dei cittadini era stata finalmente posta al centro delle scelte politiche. Anche i pompieri erano uno dei corpi scelti di polizia, li potevi veder girare per le strade con il loro classico fucile a pompa vecchia maniera, vecchio ma sempre efficace, con un sol colpo capace di fare un buco nella parete grosso quanto una mela. La ricostruzione dopo gli incidenti è un fatto breve. I vari corpi di sicurezza si muovono come tante formichine laboriose e dopo poche ore tutto torna la suo posto, che mai ti immagineresti che in quella stessa strada, solo pochi minuti prima, un esercito di straccioni di classe umana N si fosse aggirato con la sua P-38 personalizzata tra quegli alti palazzi alla ricerca della via breve verso l’immortalità.

Ed ora sono di fronte a questa meravigliosa ragazza dagli occhi spalancati, che ritrovo seduta sul primo gradino della scala in ferro che sale lungo la parete di mattoni e guarda il suo nome scritto sul bigliettino che ha in mano e mi guarda negli occhi e piange sorridendo.

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