sabato 20 dicembre 2008

Come Dio comanda

Per rispetto al Salvatores del ciclo della fuga di Mediterrameo e Puerto Escondido, delle canne e delle partite a pallone, di Diego Abatantuono, e perchè mi era piaciuto assai il romanzo di Ammaniti, sono andato a vedere, anche se con pesanti pregiudizi, Come Dio comanda. Nonostante la bella fotografia e le immagini, che danno un sintetico quadro di alcune parti del libro sviluppate invece in lunghi dialoghi, non convincono le scelte di sceneggiatura. Salvatores prende le mosse dal finale del romanzo, riassumendo alla meglio quasi 400 pagine, eliminando la figura secondo me meglio riuscita, cioè quella dell'assistente sociale. Pensare che nel film questi compare brevemente con un azzeccatissimo Fabio De Luigi, che sarebbe andato benissimo. Mancando lo scenario sociale del nord-est leghista, dell'impazzimento dei media, dello sfruttamento dei padroncini nuovi imprenditori rampanti, delle citazioni bibliche di contorno, puntando quasi esclusivamente sul rapporto padre-figlio, mi sembra che manchi quel contrasto di fondo tra immaginario pop e realtà paradossale della trama che rende così bello il libro. Insomma, mi sembra che Salvatores non abbia capito un cazzo del romanzo o, comunque, la sua interpretazione non è convincente, perchè la trama andava sviluppata, secondo il mio modesto parere, accentuando questo contrasto dentro-fuori e non fissata nell'intimismo dei personaggi principali, del Quattro Formaggi impazzito ecc. Alla fine del film si esce dalla sala con un grosso punto interrogativo, credo soprattutto da parte di chi non ha letto il romanzo. Alla fine, nell'opera di Ammanniti era proprio questo quello che contava, la descrizione leggera e televisiva di una realtà sociale ormai delirante, aggravata da quel retrogusto cattolico, dal senso dell'assurdità di un qualsiasi intervento divino, come Dio comanda, appunto. Almeno io così l'ho letto. Può darsi pure che solo io l'abbia inteso così, seguendo i miei gusti, non so. Insomma, non ho trovato quel nichilismo-pop che dovrebbe stare alla base di ogni ogni buona scrittura.

1 commento:

Ludovica ha detto...

Come sai, io il libro non l'ho letto. Il film mi ha lasciato piuttosto perplessa, tra i punti a favore da annoverare fotografia e interpreti, ma da un certo punto in poi la sceneggiatura arranca e non riesce a rendere credibile (e non verosimile, come forse vorrebbe Irene...eheh) la sequela degli eventi, alla cui logica si resta fondamentalmente estranei man mano che la situazione precipita.
Inserita in un discorso sociale e rapportata ad un contesto di generale follia, che è quello che dici che Ammaniti fa nel romanzo, può assumere senso anche quella dei personaggi. Nel film, questo non emerge,c'è solo la sospensione del giudizio sul nazistone che è al contempo padre amorevole e il pazzo stupratore ma naif.Il che lascia come minimo disorientati.