domenica 11 gennaio 2009

Disindividuo

Sono passati secoli perchè si costruisse storicamente la soggettività concreta dell'individuo, della persona o dell'Uomo. Foucault ha tra i suoi meriti quello di aver scritto una preziosa genealogia della formazione di questa nuova strana bestia, anche se è a Nietzsche che dobbiamo la prima fondamentale consapevolezza esplicita di questo percorso. L'uomo progressivamente si differenzia dal suo essere specie, dal suo prendere parte al naturale ciclo degli altri animali. Diventando individuo l'uomo reclama i suoi diritti, nonchè struttura le sue ideologiche manie di legittimazione verso il mondo circostante. L'idea di Dio, naturalmente, fa gioco a questa pretesa di legittimità di un essere che proietta la propria considerazione di sè attraverso i secoli e lo spazio, assoggettandoli entrambi alla propria volontà di potenza. Quanto questa pretesa soggettiva di essere sia fondata da un errore di prospettiva appare come un segreto prezioso rivelato a pochi. Dal pensiero buddhista potremmo invece assumere alcune indicazioni di fondo rispetto a questa dittatura dell'Individuo. La prima è che tutte le cose, compreso quelle che compongono il suddetto individuo, sono aggregate, sono composte, composite. Un individuo che è formato da incalcolabili parti che si sommano e si compongono è già un individuo più reale e meno tiranno. La seconda indicazione è che tutte queste cose composte sono in continua trasformazione, dunque sono impermanenti. L'individuo di oggi non è quello di ieri e non sarà lo stesso domani. L'immagine fissa con il quale cerchiamo di bloccare unicità e permanenza dell'individuo proietta all'esterno la radice di base della nostra paranoia e ci conduce alla sofferenza. La terza e definitiva implicazione riguarda direttamente la cosiddetta esistenza intrinseca delle cose stesse, per come le creiamo e come le immaginiamo e per quanto sono effettivamente reali.

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