lunedì 5 gennaio 2009

Identity 2.0

Ci eravamo dati appuntamento in un vecchio condominio fatiscente della zona ovest, quella con tutti quei palazzoni rossi di mattone in fila. All'ingresso dell'appartamento c'era una targhetta con su scritto V.Kafivis. In realtà la ragazza si chiamava Paula e aveva messo il nome di un suo vecchio zio che aveva posseduto il locale in passato. Paula stava lavorando al computer da un bel pezzo quando entrai nella stanza. Il suo ultimo modello di pc era uno di quelli che potevano installarsi automaticamente tutte le ultime modifiche di software, scaricandosele dalla rete con un programma istantaneo. Era un vero gioiello di computer e non era la sola cosa preziosa in quella casa, così piena di aggeggi elettronici e schermi di video notiziari sulle pareti. C'era pure uno di quei deliziosi apparecchi del caffè che facevano tutto da soli. Paula mi fece sedere su una poltrona verde nel salotto mentre girava indaffarata cercando dei dischetti nella scrivania dello studio. Si trattava di applicare quel programma nuovo, quello per cui ero venuto lì in quella stanza quella sera d'estate. Identity 2.0. Il meglio del meglio in circolazione. Qualche decennio fa, quando era cominciata la preistoria della Rete, quando erano nati Google e Facebook e tutto il resto, sarebbe stato uno di quei modelli per resettare il tuo nickname o il tuo avatar, per non far leggere il tuo nome su nessun motore di ricerca, cancellando tutto quello che avevi scritto, il tuo sito ecc. A quei tempi avresti pagato un deprogrammatore capace e avresti fatto sparire un bel po' di spazzatura da internet che ti riguardava. Poi la rete si era evoluta come ben sappiamo, dalle carte d'identità si era passati al Life Avatar, alla Connessione Totale della tua identità ed alla tracciabilità completa dei tuoi movimenti e della tua vita sociale. Paula faceva parte di quel nuovo gruppo di hacker, i Pirati psicogeografici, quelli che erano capaci di far sparire la tua identità senza lasciare traccia e ricostruirne una nuova nella Rete e piazzarla lì come se niente fosse stato, come se il tuo nuovo Avatar fosse stato lì da sempre. E' facile capire perchè avessi bisogno di Paula e di Identity 2.0, naturalmente. Come tutti i deprogrammati dovevo far sparire un bel po' di casini fatti negli ultimi tempi, casini per cui sarei stato prima o poi rinchiuso nelle gabbie municipali assieme ad altri dannati come me, a tossici o migranti o islamici. Mi sarei fatto una nuova vita da domani, con un passato nuovo di zecca. Mike Hamilton, questo il mio nuovo nome nella Rete, impiegato anonimo, scapolo e con pochi interessi, quarantadue anni e nessun precedente penale. Insomma, un nuovo pallosissimo personaggio, però in grado di non farsi scotennare dalle guardie municipali nel giro di una settimana. Stavo tutto sudato sulla poltrona, la barba di tre giorni. Paula mi sorrise, aveva trovato il dischetto.

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